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La competizione per la leadership nell'intelligenza artificiale si sposta sui chip e sulla capacità di investimento, mentre si moltiplicano segnali contrari a una bolla. Allo stesso tempo, vulnerabilità nei dati e contenuti sintetici mettono sotto pressione l'autenticità delle conversazioni e spingono regolatori e aziende a ricalibrare regole e responsabilità. Le scelte di oggi incidono su ruoli professionali, infrastrutture di calcolo e vantaggi geopolitici che si misurano ormai in mesi.

Una startup cinese rivendica processori tensoriali autonomi, mentre la domanda di alluminio per i centri dati mette sotto pressione energia e capacità elettrica negli Stati Uniti. L'intesa europea sull'Atto per l'intelligenza artificiale inasprisce gli obblighi per i sistemi più potenti, mentre modelli orientati all'abuso e tecniche di elusione con un solo prompt evidenziano fragilità di sicurezza. Nel frattempo, gli utenti chiedono strumenti più critici e sperimentano personae pubbliche, mettendo alla prova regole ed etica.

L'adozione degli agenti avanza oltre la fase sperimentale: il 76% dei dirigenti li considera colleghi, mentre emergono esigenze di riservatezza e controllo per renderli affidabili. In parallelo, l'intervento pubblico si rafforza con una missione federale per la scoperta scientifica e con impegni fino a 50 miliardi per infrastrutture di IA, sullo sfondo di tensioni crescenti nella filiera dei semiconduttori.

Le strette cinesi sui chip e nuovi capitali pubblici nel Regno Unito segnalano un disaccoppiamento tecnologico che ricalibra strategie e catene del valore dell'IA. Al tempo stesso, la pressione su dati e moderazione e il passaggio a sviluppo uomo‑nel‑ciclo, con l'IA che scrive fino al 90% del codice, impongono nuovi standard di qualità e governance.